martedì 25 settembre 2007

Adattamento biologico....

A 5000 m individui non allenati, nativi a livello del mare, mantengono circa il 70% del VO2 max misurato in condizioni di controllo; individui nativi a livello del mare, ben allenati ma non atleti, sviluppano solo il 55% del loro VO2 max misurato a livello del mare. Al contrario, atleti specializzati in corse di lunga durata in alta quota, nativi in genere a quote comprese tra 1500 e 3000 m, mantengono una percentuale più alta (76%). Sorprendentemente, Tibetani di seconda generazione nati e cresciuti a 1300 m, portati a 5000 m mantengono la percentuale più elevata (85-90%), tra tutti i gruppi finora studiati, del loro VO2 max. Questi ultimi soggetti, portati per la prima volta a 5000 m, mostrano altre interessanti caratteristiche, in parte riscontrate anche nei Tibetani nati e viventi in permanenza a circa 4000 m. In generale essi sono caratterizzati da concentrazioni di emoglobina inferiori (~12 g%) rispetto ai Caucasici (~15 g%). Al picco di un esercizio esauriente, poi, essi sono caratterizzati da elevati valori di massima frequenza cardiaca (~180 pulsazioni al minuto) (nei Caucasici, la massima frequenza cardiaca si riduce drasticamente a 5000 m, fino a 150-160 pulsazioni al minuto) e di saturazione arteriosa in O2 (%SaO2 ~80%) (i Caucasici desaturano considerevolmente, da ~95% a 70-75%). Tutte queste osservazioni inducono a ritenere che Tibetani nati a bassa quota abbiano mantenuto alcune delle caratteristiche salienti dei loro antenati, favorevoli alla vita in condizioni di ipossia cronica.


I muscoli scheletrici di alpinisti Caucasici nativi a livello del mare acclimatati all’alta quota o esposti ripetutamente a gradi estremi di ipossia, nativi e residenti in alta quota, e giovani tibetani nati e vissuti a Kathmandu (1300 m) ma appartenenti a una popolazione esposta per migliaia anni a quote comprese tra 3000 e 4000 m sono tutti caratterizzati da una densità volumetrica mitocondriale significativamente inferiore a quella normalmente riscontrata in soggetti nativi e residenti a livello del mare. Dal momento che il mitocondrio è l’organello intracellulare dove avvengono le reazioni ossido-riduttive della catena respiratoria cellulare, e dove l’O2 viene “consumato” fungendo da accettore terminale degli elettroni trasportati lungo tale catena, si può ipotizzare un ruolo dell’O2 stesso come regolatore della biogenesi mitocondriale.
La cronica carenza di O2, cioè, potrebbe determinare una riduzione dell’espressione genica per gli enzimi e le proteine responsabili della fosforilazione ossidativa. Nella popolazione Tibetana tale riduzione potrebbe essere divenuta un tratto genetico acquisito.

L’ipossia cronica induce un rimodellamento fenotipico dell’organismo, che è all’origine delle risposte adattative a lungo termine. I meccanismi molecolari alla base degli adattamenti all’ipossia cronica sono scarsamente noti. In ogni caso l’attivazione di geni specifici è considerato un meccanismo, mediante il quale l’ipossia scatena le risposte adattative a lungo termine. In generale, i geni attivati dall’ipossia appartengono a due categorie : geni che sono “indotti” entro minuti dall’esposizione all’ipossia (“immediate early genes”, IEGs) e geni attivati più lentamente, tra cui i più noti sono i geni per l’eritropoietina (EPO), il fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF) ed il trasportatore 1 del glucosio (GLUT 1).
Studiando il sistema respiratorio, un gruppo di ricercatori dell'Università del Wisconsin di Madison ha identificato una proteina chiave, chiamata BDNF (fattore neurotrofico di derivazione cerebrale), e coinvolta nell'apprendimento, responsabile della capacità del corpo di mantenere una respirazione appropriata anche in condizioni difficili. La scoperta, pubblicata il 14 dicembre sulla rivista online "Nature Neuroscience", potrebbe fornire spunti per l'ideazione di nuovi farmaci, cure o metodi per prevenire disturbi potenzialmente letali come l'apnea del sonno, la sindrome della morte improvvisa del neonato e alcune lesioni legate al midollo spinale. Ogni pochi secondi, inspiriamo e poi rilasciamo una boccata d'aria. Se per una qualsiasi ragione questa routine venisse ostacolata, per esempio se i livelli di ossigeno fossero troppo bassi o se le vie respiratorie venissero bloccate, i nostri corpi risponderebbero di conseguenza. Nel caso della privazione di ossigeno, i neuroni del cervello invierebbero messaggi alle cellule motorie, ordinando ai muscoli coinvolti nella respirazione di lavorare di più.

Come risultato, la persona farebbe respiri più profondi. Se il difetto di respirazione viene sperimentato con regolarità, il sistema respiratorio memorizza questo fatto e in futuro risponderà più vigorosamente. Questo cambiamento di comportamento è chiamato dai ricercatori "plasticità neurale". In alcuni casi, tuttavia, il sistema respiratorio non sembra in grado di ricordare le esperienze passate. Gordon Mitchell, principale autore dello studio, sostiene che i pazienti che soffrono di apnea del sonno - un disturbo nel quale la respirazione si arresta mentre si dorme - potrebbero presentare "memorie" del respiro inadeguate. Per studiarne il meccanismo, i ricercatori hanno esposto alcuni topi a intervalli di tre o cinque minuti di ipossia, ovvero a un calo di ossigeno. Misurando in seguito l'attività nel nervo frenico associata alla respirazione, hanno verificato che il nervo aveva sviluppato una memoria della carenza di ossigeno. Per scoprire che cosa provocava questo ricordo, gli scienziati hanno analizzato segmenti del midollo spinale, alla ricerca specifica di cambiamenti della proteina BDNF (fattore neurotrofico di derivazione cerebrale), che sostiene e addirittura stimola alcune funzioni neurali nel cervello. I risultati dimostrano che i periodi intermittenti di calo di ossigeno aumentano del 56% le concentrazioni di proteina BDNF nel nervo frenico.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Questo articolo è stato estremamente interessante, soprattutto perché ero alla ricerca di pensieri su questo argomento Giovedi scorso.

Anonimo ha detto...

Awesome informazioni, molte grazie allo scrittore dell'articolo. È comprensibile per me ora, l'efficacia e l'importanza è da capogiro. Grazie ancora e buona fortuna!

Anonimo ha detto...

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